Secondo la tradizione, e il disciplinare, nel corso dell’anno sono due gli aspetti cruciali per la coltivazione dello zafferano dell’Aquila: la rotazione annuale dei campi e la raccolta del croco. La prima avviene nel mese di agosto con l’espiantazione dei bulbi dal campo dove hanno riposato per tutto l’anno e il loro reimpianto in un nuovo campo, in seguito ad un controllo e una leggera mondatura. La raccolta, invece, viene fatta dalla metà di ottobre all’inizio di novembre, tutte le mattine all’alba, quando il fiore è ancora chiuso, per preservarne le caratteristiche organolettiche. Si prosegue, poi, nell’arco della stessa giornata della raccolta con le diverse fasi di lavorazione: la sfioratura, cioè la separazione dei pistilli dal resto del fiore e, infine, l’essicazione fatta con un metodo tradizionale, ponendo gli stimmi su un setaccio e messi ad asciugare al calore della brace di legna di quercia o di mandorlo.
“Ogni anno nel laboratorio di analisi della Camera di Commercio del Gran Sasso – spiega Carmine Marroccella, tecnico del laboratorio – campioni di zafferano Dop vengono sottoposti a prove di tipo chimico. Una delle caratteristiche distintive dello zafferano Dop dell’Aquila è la presenza, a livello olfattivo, di un leggero sentore di fumo, perché la fase di essiccazione, che è più opportuno chiamare tostatura, viene effettuata su un setaccio posto sulla brace. Questa è una fase molto delicata, in cui si sviluppano tutte quelle che sono le molecole caratterizzanti dello zafferano Dop dell’Aquila. Il segreto di un buon prodotto è riconducibile alle capacità delle persone che vivono nel territorio e che hanno acquisito, negli anni, trasmettendole di padre in figlio, le tecniche di coltivazione e produzione. Nel riconoscimento di un prodotto Dop, infatti, la presenza antropica è importante tanto quanto la produzione e la trasformazione in uno specifico territorio. Le persone che si dedicano alla coltivazione dello zafferano, abbiano esse 80 anni o siano dei giovani, come sempre più spesso succede, devono essere considerati dei veri e propri tecnologi alimentari, così come lo sono il casaro e l’enologo”.
Il riconoscimento di una specifica professionalità è indubbiamente un passo importante per i produttori che, con la certificazione Dop, hanno in ogni caso un riconoscimento a livello mondiale.
“Da quando è stata riconosciuta la certificazione della Dop allo zafferano dell’Aquila, le aziende sono cresciute ogni anno e di conseguenza anche le superfici e i quantitativi prodotti – sottolinea Rubei –. Dopo una flessione della produzione che si è avuta intorno al 2015-2016, recuperata grazie alle azioni messe in campo sia dalla cooperativa di Navelli, che ha agevolato i giovani che volevano iniziare questa nuova attività produttiva, e sia grazie alla Camera di Commercio, che negli anni ha organizzato corsi di approfondimento e di formazione e di conseguenza ha elevato la qualità della produzione sul territorio, le aziende che annualmente richiedono la certificazione sono circa 90, con una produzione che, mediamente, si attesta su 30-31 kg di prodotto certificato con circa 700-800 mila euro di volume d’affari per l’intero territorio”.
“Il comitato per la certificazione riceve a giugno di ogni anno le domande di adesione dei produttori e degli agricoltori dei 13 comuni che rientrano nella Dop dell’Aquila. A seguito di queste domande le aziende vengono sorteggiate per un controllo in campo in cui degli ispettori tecnici, inviati dalla commissione, vanno a verificare il rispetto delle norme di produzione e della registrazione sul quaderno di campagna di tutte le operazioni colturali che l’agricoltore e produttore adotta per ottenere la certificazione”, conclude Rubei.