di: Marco Signori

Vi raccontiamo il cece di Navelli

Con lo zafferano una coppia consolidata

Il borgo medievale di Navelli, in provincia dell’Aquila, celebre in tutto il mondo per lo zafferano, non è legato solo alla produzione di questa pregiata spezia, tutelata dal marchio dop, ma anche di un’altra che è stata fondamentale per l’economia, la storia e la sussistenza della comunità locale: il cece.

I terreni dell’Altopiano di Navelli, ad un’altitudine di 700 metri, che si colorano di viola con la fioritura autunnale del Crocus Sativus, sono ricchi di ferro e minerali e la loro posizione ai piedi del Gran Sasso, dove sono frequenti e notevoli le escursioni termiche, ha permesso sin dall’epoca medievale di coltivare anche questo piccolo e prezioso legume.

 

 

UN CECE SPECIALE IN BIANCO E ROSSO

Il cece di Navelli è coltivato ancora oggi con passione e tenacia da pochi agricoltori locali, riunitisi in un’associazione che ha definito un disciplinare di produzione per garantire la sostenibilità naturale di questo legume. Il cece fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (Pat) ed è diventato Presidio Slow Food, con il sostegno del Gal Gran Sasso Velino, con l’obiettivo di valorizzarlo sul mercato oltre a recuperarne la tradizione gastronomica nella ristorazione locale.

Questi ceci autoctoni hanno qualità organolettiche uniche rispetto a quelli comunemente in commercio: hanno un alto tenore proteico a scapito del contenuto di carboidrati e lipidi, un aspetto più compatto, dovuto proprio alla minor presenza di carboidrati, e un diametro medio-piccolo.

Sono principalmente due le tipologie del Cece di Navelli che si coltivano nelle vallate interne dell’aquilano: il bianco e il rosso. Il primo, color crema, di piccole dimensioni e una superficie perfettamente liscia, storicamente destinato alla vendita, e il secondo, ancora più piccolo, di colore marrone-ruggine con la superficie rugosa, con una buccia più dura e un sapore più intenso, che è stato conservato dai contadini della piana e che anticamente era consumato nelle famiglie o dato come pasto agli animali, perché erroneamente ritenuto di minor qualità rispetto al bianco.

AZIONI DI VALORIZZAZIONE

Grazie al Presidio Slow Food abbiamo potuto aumentare la produzione ma soprattutto riscoprire la varietà rossa che era scomparsa – racconta Alfonso Papaoli, proprietario dell’omonima azienda agricola e referente dei produttori del Presidio –. Inoltre siamo riusciti ad incrementare il prezzo al chilo, prima talmente basso che la coltivazione era spesso remissiva”.

La produzione proviene solo da appezzamenti ben drenati ed esposti al sole. La semina avviene in primavera e per aumentare le probabilità di riuscita nella raccolta, nel mese di agosto, i produttori del cece di Navelli hanno adottato la strategia della doppia semina, la prima a fine marzo e la seconda da metà aprile. Una scelta dettata dai cambiamenti climatici, ma anche dalle frequenti incursioni della fauna selvatica che rendono difficoltosa la coltivazione.

A garantire alta la qualità del cece, poi, e per mantenere i terreni produttivi senza fare ricorso a prodotti chimici, ogni 3 anni, o 6 a seconda delle necessità, la coltivazione viene fatta ruotare con grano, orzo, farro e piante da foraggio come l’erba medica o la lupinella.

L’importanza della coltivazione del cece nel territorio è testimoniata già nel 1888 da Teodoro Bonanni che, in un suo libro, parla di numerose “civaie” coltivate in tutta la provincia dell’Aquila.

Il cece di Navelli, inoltre, risulta presente nel Trigramma voluto e disegnato da San Bernardino da Siena, e conservato all’interno dell’omonima Basilica, all’Aquila, dove dei ceci sono stati incollati, dorati e stuccati sulle tavole lignee dell’opera rendendo la sua superficie irregolare e creando un effetto di ombre e chiaro scuri.

Attraverso la crescente valorizzazione del prodotto si assiste anche ad una promozione territoriale, tanto che “i clienti arrivano a Navelli per acquistare i ceci e approfittano per fare un giro ed esplorare e conoscere il paese e il territorio circostante”, aggiunge Papaoli.

La conoscenza del cece fuori dai confini abruzzesi è dovuta sì al presidio ma anche alla festa che ogni anno, da secoli, Navelli dedica ai suoi ceci nel mese di agosto, quando abitanti e coltivatori della zona preparano ricette locali, come i ceci in umido o con lo zafferano. La “sagra Dei Ceci e dello Zafferano”, nata intorno al 1975 dall’idea di un gruppo di amici per promuovere i due maggiori prodotti della zona, e a cui poi si è aggiunto il Palio degli Asini, ha ottenuto la certificazione di Sagra di qualità, utilizzando nella preparazione dei piatti prodotti certificati a partire proprio dai ceci e dallo zafferano dell’Aquila Dop.

Parliamo di due eccellenze assolute delle quali siamo orgogliosi – afferma Giuseppe Giampietri, presidente della Pro loco di Navelli - che vogliamo fare conoscere a quanta più gente possibile perché in loro esiste anche l’anima della nostra tradizione culinaria e del mondo contadino più genuino”.

Nella cucina abruzzese i ceci, considerati come tutti i legumi la carne dei poveri, sono sempre stati utilizzati per dolci, come i calcionetti, minestre, come quella di ceci e castagne che da tradizione apriva il cenone della vigilia di Natale, e zuppe, per le quali il rosso è perfetto avendo bisogno di una lunga cottura per la sua buccia dura.

Oggi il cece rosso è stato fortemente rivalutato a tavola proprio per le sue proprietà e il suo sapore, che lo hanno portato ad essere protagonista nelle cucine di importanti chef e nelle vetrine di eventi nazionali e internazionali, collocandolo a pieno titolo tra le eccellenze enogastronomiche d’Italia.

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