"Dietro ogni formaggio c'è un pascolo d'un diverso verde sotto un diverso cielo."
Italo Calvino, "Palomar".
Con l'arrivo della primavera gli animali tornano al pascolo e si nutrono di erbe fresche spontanee: è il periodo migliore per apprezzare soprattutto i formaggi freschi.
In particolare il formaggio di mucca, in questo stagione dell'anno è conosciuto anche come "maggengo" ovvero formaggio di primavera: le vacche al pascolo si nutrono di foraggi freschi primaverili che contengono maggiori quantità di carotenoidi, di conseguenza il formaggio avrà caratteristiche organolettiche uniche, a cominciare dal colore che tenderà al giallo, mentre a farsi notare a naso e palato saranno le essenze dei prati e dei fiori che gli animali hanno mangiato.
Con il pretesto stagionale, abbiamo deciso di stilare una rassegna dei principali formaggi abruzzesi. Ovviamente non ci siamo limitati a quelli "freschi" e ai soli "vaccini", anche perché l'Abruzzo ha una tradizione antichissima legata alla pastorizia di ovini e alla transumanza: in passato i pastori portavano le loro greggi, nei mesi più freddi dell'anno, verso i miti pascoli del Tavoliere di Puglia, per poi ritornare in quelli montani abruzzesi durante la primavera. Oggigiorno questo tipo di transumanza, conosciuta come "orizzontale" e che utilizzava per la salita e la discesa delle greggi i tratturi (sentieri erbosi), non viene più praticata, mentre viene utilizzata la cosiddetta "transumanza verticale" con greggi in altura nei mesi più miti e il ricovero in stalla, a quote più basse, nel periodo invernale.
Caciotta Frentana • Scamorza abruzzese • Pecorino di Farindola • Caprino abruzzese • Marcetto • I formaggi a latte crudo del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise • Pecorino di Atri • Giuncata abruzzese • Caciofiore aquilano • Caciocavallo Abruzzese • Canestrato di Castel del Monte • Ricotta salata
Caciotta Frentana
Realizzata in tutta la provincia di Chieti, in particolare nei territori di Lanciano, Casoli, Sant’Eusanio del Sangro e Fossacesia.
La caciotta frentana è un formaggio a latte vaccino intero, dolce e a pasta morbida, dalla forma cilindrica con le caratteristiche impronte lasciate sulla superficie dalle “friscelle” in vimini, utilizzate per la messa in forma.
La crosta si presenta sottile e bianca nella breve stagionatura, giallo paglierino in quella più lunga. Un tempo aveva pezzature più grandi ed era destinata alla stagionatura come formaggio da grattugia. Oggi è prodotta in forme più piccole (da 500-800 grammi) e ha una certa versatilità in cucina dove viene utilizzata cruda, arrostita op come ingrediente di piatti della tradizione locale, come le pallotte cacio e uova e il fiadone.
Scamorza abruzzese
Diffusa su tutto il territorio regionale, la scamorza trova la sua naturale vocazione e tradizione nelle aree confinanti con il Molise delle provincia di Chieti e nell’aquilano.
È un formaggio a pasta filata ottenuto da latte intero vaccino, caratterizzato dalla tipica forma a bisaccia allungata o a pera, con testina sopra la legatura.
La lavorazione avviene con il riscaldamento del latte vaccino, addizionato di caglio di vitello per raggiungere la coagulazione. Dopo la rottura della cagliata la massa viene sgrondata, filata con acqua calda, tagliata nella tipica forma a pera e salata in bagni di salamoia. Può essere consumata fresca o appassita.
Pecorino di Farindola
Conosciuto sin dai tempi dei Romani, il pecorino di Farindola è forse il formaggio abruzzese più caratteristico, tipico dell’area pedemontana del Gran Sasso orientale, tra le province di Pescara e di Teramo. È un formaggio a pasta compatta ottenuto con latte ovino crudo. A renderlo unico è l’utilizzo del caglio di suino che gli conferisce caratteristiche organolettiche peculiari. Tradizione vuole che la preparazione sia riservata alle sole donne che si tramandano la ricetta di generazione in generazione. Il pecorino di Farindola si contraddistingue per i sentori decisi di essenze foraggere e lattei con una persistenza aromatica molto intensa; man mano che matura assume un gusto piccante che gli conferisce il caglio suino. Il Pecorino di Farindola è un Presidio Slow Food.
Caprino abruzzese
Diffuso in tutto il territorio regionale, il caprino abruzzese è ottenuto dalla coagulazione presamica. Viene solitamente utilizzato latte intero crudo di capra o latte misto di capra e pecora. La metodica di trasformazione è la stessa del pecorino. Il formaggio ottenuto viene consumato fresco o stagionato, generalmente conservato sotto crusca. Nel primo caso la pasta è morbida, bianca e leggermente acidula, nel secondo è più dura e consistente, appena gessosa. Un’altra tipologia di caprino, presente soprattutto nella zona di Farindola in provincia di Pescara, è il formaggio caprino a coagulazione lattica, che ha pasta cremosa e morbida, e si consuma fresco.
Marcetto
È un formaggio pecorino tipico dell’entroterra abruzzese, in particolar modo della zona di Castel del Monte, in provincia dell’Aquila e di alcune aree interne del teramano. Ha caratteristiche organolettiche uniche in quanto, durante il periodo di stagionatura, sviluppa le larve della mosca “Piophila casei”: le forme ancora fresche o incerate con presenza di crepe sulla crosta possono essere attaccate dal dittero che vi depone le uova così da provocare un processo di degradazione delle proteine. Ne deriva la trasformazione della pasta in forma cremosa con un sapore caratteristico e piccante.
Il marcetto, conservato in contenitori di terracotta o vetro, si presenta come un formaggio spalmabile, dal colorito bianco crema e dall’odore forte e penetrante.
I formaggi a latte crudo del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise
L’allevamento del bestiame ha radici antiche nell’Abruzzo montano e in particolare nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, un’area ricca di biodiversità, che con i suoi prati e la folta varietà di piante aromatiche offre agli animali materie prime che permettono di restituire un latte sano, con un alto valore nutrizionale, indispensabile nella produzione di formaggi a latte crudo. Il formaggio a latte crudo sprigiona l’essenza di un territorio, la stagionalità, l’erba dei pascoli, le caratteristiche delle razze autoctone e l’esperienza dei casari. Proprietà, sapori, tradizioni e tecniche di lavorazione ancora custodite da pochi e piccoli produttori che allevano gli animali in maniera meticolosa e sostenibile, e continuano a produrre formaggi, come il pecorino, nel solco della secolare tradizione dei pastori transumanti.
Tra i pecorini dell’area Parco, merita una menzione il Brigantaccio un pecorino affinato nella crusca firmato, insieme a ricotte affumicate e “maritate” con erbe e spezie, da due pastori casari del calibro di Nunzio Marcelli e Gregorio Rotolo.
In particolare l’estro creativo di quest’ultimo è stato decisivo nell’ideazione del Gregoriano, uno stracchinato a latte di pecora unico al mondo; e poi la “scorza nera” ispirata a un pecorino erborinato che un tempo era il vanto di Scanno, tanto da strappare la prima posizione al pregiato Roquefort francese in un concorso londinese nel lontano 1890. La “scorza nera” scomparve intorno agli anni ’20 del secolo scorso, Gregorio l’ha riesumata e l’ha valorizzata anche nella versione “ricotta”, ottenuta con il siero del latte di vacca, pecora e capra.
Pecorino di Atri
Tipico del comprensorio di Atri, teramano, è un formaggio a pasta compatta, ottenuto da latte ovino, intero e crudo e addizionato con caglio ovino o caprino.
La stagionatura, va dai 40 giorni ai 24 mesi e determina la diversa intensità di colore e durezza della crosta, caratterizzata dalla tipica impronta delle fuscelle di giunco utilizzate come contenitori.
Il pecorino di Atri presenta delle peculiarità ben distinte a seconda del grado di stagionatura: nella versione “primo sale” si presenta con pasta bianca e morbida e sapore appena acidulo. La media stagionatura ha un gusto più intenso, mentre quella più stagionata, sott’olio o sotto crusca, è decisamente piccante.
Aroma e sapore sono condizionati anche dalle essenze presenti nelle erbe del pascolo e nei foraggi utilizzati per l’alimentazione delle pecore.
Giuncata abruzzese
Diffuso in tutta la regione, in particolare nell’entroterra pescarese, è un formaggio fresco senza crosta e a pasta morbida. Può essere ottenuto con latte crudo vaccino, di pecora o misto. È contraddistinto dalla tipica impronta delle fuscelle di giunco utilizzate come contenitori. La giuncata si presenta di colore bianco latte, ha un aroma fresco e fragrante, legato alle essenze presenti nelle erbe e nei foraggi utilizzati per l’alimentazione degli animali. Il sapore è dolce, delicato, tipico della cagliata fresca.
Caciofiore aquilano
Formaggio fresco, legato ai pascoli di altura della provincia aquilana, si contraddistingue per l’utilizzo di caglio vegetale estratto dall’infusione di fiori di carciofo selvatico, pianta spontanea dei pascoli abruzzesi.
I pastori transumanti durante gli spostamenti lungo i tratturi raccoglievano i fiori di cardo selvatico che lasciavano seccare al sole: al momento dell’uso erano mesi in infusione per fungere da caglio.
Il caciofiore, è un formaggio da pronto consumo. La pasta è morbida, cremosa, di colore bianco crema, priva di occhiatura e al palato ha un sapore delicato di latte.
Caciocavallo Abruzzese
È un formaggio vaccino a pasta filata realizzato con latte crudo intero e l’aggiunta di caglio e sale. In Abruzzo è diffuso nell’area di confine con il Molise, in particolare nel territorio dell’Alto Sangro, in provincia dell’Aquila e in quello del Vastese in provincia di Chieti. È contraddistinto dalla classica forma globosa a pera e ha un peso che va da 1 a 3 Kg. I formaggi dopo la filatura sono modellati e poi legati a coppia con una corda, e posizionati a cavallo di aste per la maturazione che generalmente va dai 3 ai 12 mesi.
Il caciocavallo ha sentori che rimandano all’erba, al fieno. Quando ancora giovane il sapore è dolce e pastoso, mentre risulta deciso e piccante nella versione più stagionata. Le caratteristiche organolettiche derivano dalle tecniche di lavorazione, ma anche dalla stagionalità e dall’alimentazione delle vacche. Solitamente le razze contemplate sono la Bruna alpina, la Frisona e la Pezzata rossa.
Canestrato di Castel del Monte
La cultura della transumanza e delle produzioni casearie appartiene alla storia dell’Abruzzo, ma è nell’area del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga che si trova la meta pastorale per eccellenza: Campo Imperatore, un altopiano a 1800 metri di quota dove a maggio salgono ancora oggi migliaia di pecore.
E’ in questo territorio, in particolare nei comuni di Barisciano, Calascio, Castel del Monte e Villa Santa Lucia nella provincia aquilana, che si produce il Canestrato di Castel del Monte, formaggio che ha una certa affinità con il canestrato pugliese, proprio a sottolineare il comune denominatore legato alla transumanza che univa le pianure del Tavoliere ai pascoli di Campo Imperatore.
Il Canestrato di Castel del Monte è ottenuto dalla caseificazione di latte ovino crudo con la sola aggiunta di sale e caglio. La crosta riporta le impronte del canestro (da cui il nome “canestrato”), utilizzato, come da tradizione, per la messa in forma.
Ha un aroma intenso ricco di fragranze legate alle essenze spontanee presenti nelle erbe di pascolo e nei foraggi utilizzati per l’alimentazione delle pecore. Del pecorino fresco e semi-stagionato si apprezza un sapore via via più pieno che lascia in seguito il posto a sentori di fieno e pascoli e ad una gradevole dolcezza finale. Il pecorino stagionato, presenta profumi e aromi molto intensi ed equilibrati. Colpiscono la cremosità della pasta, nonostante la lunga stagionatura che si può protrarre oltre i 12 mesi e la sua piccantezza, perché intensa ma non invadente. In bocca inizialmente si apprezzano sensazioni vegetali, di erba, che lasciano il posto a sentori di castagna, pascoli e spezie.
Il canestrato di Castel del Monte è un Presidio Slow Food.
Ricotta salata
Diffusa soprattutto nell’entroterra abruzzese, nasce sui pascoli montani dall’esigenza di estendere la conservabili della ricotta fresca, un tempo più difficile da commercializzare. E’ ottenuta dal siero di latte crudo residuo dalla produzione del pecorino. La ricotta salata presenta una consistenza variabile dal cremoso all’asciutto “gessoso”, in relazione alla percentuale di sale utilizzato, alla temperatura di coagulazione e al periodo di stagionatura.
[Crediti | Foto di Carmelita Cianci, www.sangroaventinoturismo.it, Atlante dei Prodotti Tipici ARSSA, Valle Scannese]