di: Carmelita Cianci

Bio Cantina Orsogna, cooperativa leader del biodinamico

Un patrimonio “verde” che punta a un futuro sostenibile

È il 1964 quando nasce quella che oggi conosciamo come Bio Cantina Orsogna.  Agli albori i soci sono 35 e la realtà cooperativa è focalizzata soprattutto sulla lavorazione dell’uva da tavola destinata all’esportazione verso la Germania.

Ancora oggi, lasciandosi l’Adriatico alle spalle, lungo la strada che arriva a Orsogna si intravede quel che resta della vecchia ferrovia, brandelli di un binario ormai abbandonato sul quale, fino all’inizio degli anni ’80, viaggiavano vagoni grondanti di uva e di vino: da Ortona, i treni raggiungevano Caldari, Arielli, Orsogna, per arrivare fino a Crocetta Lanciano, fatto il carico rientravano verso la costa.

Il vitigno protagonista di questi territori in quegli anni è l’uva Pergolone o Regina, varietà a duplice attitudine, da tavola ma vocata anche alla vinificazione, molto resistente ovvero poco incline alle malattie e particolarmente produttiva: le rese per ettaro oscillavano tra i 400 e i 500 quintali.

Diffusa soprattutto nell’Ortonese, a Orsogna il Pergolone maturava più tardi, di conseguenza non potendo competere sul mercato delle primizie, trovò impiego soprattutto nella vinificazione dando un contributo importante alla crescita economica del territorio.

Le cose cambiano negli anni ’80, l’uva da tavola va in crisi, c’è lo scandalo del metanolo e negli  anni ’90 arriva una deroga per il Pergolone: la produzione massima diventa di 100 quintali per ettaro. La scelta è scontata e quasi obbligata: sul territorio si assiste a una riconversione, così da una viticoltura da “tavola” si passa a una viticoltura da vino, e si fanno strada vitigni come il Montepulciano e il Trebbiano Toscano. Poi in seconda battuta, negli anni ’90, arrivano gli internazionali Chardonnay, Cabernet, Merlot, Pinot grigio e negli anni 2000 sono gli autoctoni abruzzesi a guadagnare terreno: Pecorino, Passerina, Cococciola e Montonico.

È interessante quanto scrive Mario Soldati in “Vino al vino”, nel suo terzo viaggio in Italia (autunno del 1975) a proposito di Orsogna e di Domenico Tenaglia, orsognese DOC che nella vita si occupa di vino.
“Tenaglia approfitta dell’occasione per rivelarci una di quelle verità storiche solitamente trascurate da coloro che si trovano in piena mêlée enologica: Perché, dice, il Montepulciano d’Abruzzo che oggi tiene banco è un’invenzione recente di dopo la guerra. E prima? Prima si pigiava quello che c’era nelle vigne, un misto di tutte le uve: fra cui naturalmente anche il Montepulciano. E prima si faceva il vino cotto, il solo che durava qualche anno”.

Bio Cantina Orsogna, la cooperativa leader del biodinamico

Camillo Zulli
Il punto vendita all'interno della cantina
Vola Volé Maiella National Park
Vola Volé
Zeropuro
Lunaria
Pascolamento nelle vigne
Sott’a la Capannə,
Bio Cantina Orsogna
Orti Cantambriani
Bio Cantina Orsogna

Camillo Zulli, l’attuale enologo e direttore tecnico della Bio Cantina Orsogna arriva in azienda nel ’95, è giovane ma ha già maturato una significativa esperienza con l’associazione biodinamica e con un ente che certifica il biologico. Zulli ha le idee chiare, bisogna puntare sull’ambiente e sulla sostenibilità, così avvia l’ambizioso progetto di convertire in biologico tutta la cooperativa.

Il traguardo viene raggiunto nel 2022, quando tutti i 1400 ettari di terreno diventano a conduzione biologica, da qui la nuova denominazione Bio Cantina Orsogna.
Di questi circa 700 ettari sono condotti in biodinamico e certificati Demeter (ente di certificazione dell'agricoltura biodinamica).

Precisa Zulli - Nel 2019 durante il convegno internazionale della biodinamica a San Francisco a nostra insaputa ci hanno premiato come la più grande realtà vitivinicola mondiale certificata Demeter. Il nuovo traguardo è rendere tutta la produzione 100% biodinamica - .

Oggi la cooperativa conta 500 soci, le bottiglie prodotte annualmente oscillano tra i due milioni e i due milioni e mezzo di unità. - Abbiamo un trend di crescita importante, tuttavia quest’anno, come molte realtà del Centro Italia, avremo un 70% in meno di uva a causa della peronospera fungo patogeno che colpisce la vite. Fortunatamente per i rossi siamo coperti, in quanto le vendemmie 2021 e 2022, sono state eccezionali sia per la qualità che per la quantità. La situazione è più problematica sui bianchi - .

Il principale mercato di riferimento è quello estero, in particolare il gli Stati Uniti, la Germania, il Giappone e la Svezia.

I vitigni di riferimento sono il Montepulciano, il Pecorino, la Passerina, la Cococciola, la Malvasia, il Pinot Grigio e il Primitivo. I vigneti sono coltivati su terreni a medio impasto tra i 300 e 500 metri di altitudine, in un’area in buona parte collinare, tra l’Adriatico e la Maiella, nei territori di Orsogna, Arielli e i comuni limitrofi. Poi c’è un nucleo di realtà biodinamiche nel vastese e dal 2022, anche la cantina San Michele di Vasto, sulla Costa dei Trabocchi, conferisce l’uva.

La forma di allevamento è prevalentemente a tendone e in vigna non si irriga. I singoli soci si occupano dei campi e garantiscono per la conduzione delle vigne.

- La figura del vitilcoltore è importante perché pota, raccoglie, fa tutto a mano. È un sapere da custodire e tramandare quello dei contadini, le loro tradizioni, la manodopera, l’esperienza, è questo che cerchiamo di valorizzare, poi certo li formiamo anche sulla biodinamica! - specifica il direttore.

Per mantenere il terreno fertile si ricorre ai cumuli di letame maturo provenienti delle stalle socie, viene praticato il sovescio, nel periodo invernale c’è il pascolamento delle pecore nei vigneti così da migliorare la struttura del terreno, quindi ridurre l’utilizzo delle macchine operatrici. Gli ovini inoltre trasformano l’erba, la biomassa vegetale, in concime organico.

Per “vivificare” il terreno, senza aggiungere elementi esterni, si ricorre anche all’utilizzo delle vinacce, utilizzate come fertilizzanti naturali. I tralci di potatura interrati contribuiscono a circa 1/3 del fabbisogno annuale di sostanza organica.

- Cerchiamo di essere quanto più possibile autosufficienti e sostenibili. Il nostro ciclo aziendale è chiuso e legato all’utilizzo del letame, alla pratica del sovescio, al pascolamento ovino di un socio pastore di Serramonacesca, al recupero e al riutilizzo dei sottoprodotti della vinificazione compostati con il letame. Tutto questo significa abbattere i costi sui concimi, ma soprattutto limitare trasporti e carburanti, quindi avere un basso impatto sull’ambiente ed essere più sostenibili - continua a raccontare Zulli.

In cantina si lavora con le fermentazioni spontanee, fondamentali per restituire attraverso il vino i sapori autentici del territorio. Per l’affinamento si utilizzano soprattutto grandi vasche di cemento interrate, non mancano quelle in acciaio inox e poi le anfore, realizzate con l’argilla di Atri, utilizzate soprattutto per affinare la Malvasia.

Continua Zulli - Noi non cerchiamo nei vini la qualità olfattiva estrema, bensì l’autenticità e l’espressione di un determinato vitigno in un determinato territorio. Purtroppo oggigiorno in molte realtà domina la tecnologia di fermentazione con il lievito standard per tutti, la pulizia dei mosti costante, la temperatura controllata, quindi la variabile vitigno è talmente piccola rispetto alla condizione industriale del trattamento che non fa emergere il carattere di un Pecorino, una Cococciola o una Passerina. Io penso che il consumatore sia stanco di assaggiare vini che si somigliano. Bisogna far capire che cos’è davvero una Cococciola rispetto a un Montonico, non dobbiamo ridurre il vino a un processo industriale standardizzato che va a svilire il carattere distintivo e l’espressione di un vitigno, perché un vino deve soprattutto emozionare - .

Per quando riguarda la produzione, il vino viene declinato in diversi marchi, ognuno di questi esprime un’idea, una filosofia, una progettualità.

Sono diverse le linee focalizzate sul “biodinamico”: Lunaria contempla tutti i vitigni dell’azienda, e nella sua versione “ancestrale” dà spazio alle bollicine; Spiritus Terrae è dedicata ai vitigni autoctoni abruzzesi; Zeropuro prevede che i vini non abbiano solfiti aggiunti e non vengano filtrati; Babalù invece è una linea che sostiene un progetto sociale, una fattoria dell'amicizia; poi ci sono Padami e Sott’a la Capannə, quest’ultimo è un inno al vino agricolo e alla bevuta semplice genuina e conviviale.

Tra i marchi del biologico c’è Vola Volé, una linea per i vini ottenuti dalle fermentazione con lieviti provenienti dal polline delle api. Insieme Parco Nazionale della Maiella il progetto è stato esteso alla ricerca e selezione dei lieviti nelle aree montane, particolarmente generose in biodiversità microbica in quanto non contaminate da fitofarmaci e coltivazioni intensive. Nasce così Vola Volé Maiella National Park, vini biologici fermentati con lieviti selezionati sui frutti della montagna e senza solfiti aggiunti.

Le altre linee delle cantina sono Orsogna Winery Dream Now, Lunagaia, Patch Wine, Eva Patch che è anche un progetto in collaborazione con Dafne Onlus e a supporto delle donne vittime di violenza di genere. Mallorio, Biga riservata alla birra biologica stile Italian Grape Ale e per l’olio evo Frantoio Fraia.

Diversi anche i progetti che la cantina porta avanti, tra gli ultimi nati c’è “Pè Nin Perde la Sumente” ovvero “per non perdere il seme”, inteso come origini e tradizioni, una iniziativa che nasce in collaborazione con la Banca del Germoplasma del Parco Nazionale della Maiella per tutelare la memoria dei saperi contadini ripartendo dalle aree montane e pedemontane.

Attraverso “Pè Nin Perde la Sumente” è stata avviata una campagna di rilevamento di ecotipi di Vite domestica (Vitis vinifera subsp. Sativa) con l’obiettivo di recuperare il patrimonio genetico di viti autoctone presenti sul territorio, per tutelare e coltivare la biodiversità dei vecchi vigneti presenti soprattutto nelle aree interne dove la viticoltura intensiva non è mai arrivata e dove pertanto si sono conservati ecotipi locali di vite che si sono adattati al territorio.

Spiega Zulli - Il progetto nasce per valorizzare la biodiversità vitivinicola, vegetale e culturale, in quanto prevede anche il recupero di ricordi, storie e tradizioni fortemente identitarie. A Roccamontepiano abbiamo recuperato gli antichi orti “Cantambriani” coltivati a terrazzamento riqualificando un paesaggio agrario unico. Inoltre sono stati reimpiantati ecotipi di vitigni autoctoni come la Verdacchione, un biotipo di Montonico conosciuto anche come Chiapparone o Ciapparuto.
Nella Maiella Orientale sono stati rilevati anche tre ecotipi di Sangiovese: la “Iuppittǝ di Mundeneire”, l’“Uva dellAcea” e la “Vedovellǝ”, mentre a Torricella Peligna c’è stato un lavoro volto al recupero di alcune varietà di rose agricole gettando così un primo seme per conservarle, coltivarle e selezionarne di nuove. -

 

Bio Cantina Orsogna
Via Ortonese, 29, Orsogna (CH)
Tel. 0871 86321
www.orsognacantina.it

 

[Crediti | Foto di Bio Cantina Orsogna, Carmelita Cianci]

 

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