Il brodetto di pesce ha una miriade di declinazioni sul litorale abruzzese, da Giulianova a Vasto sono davvero tante le varianti. Il comune denominatore resta il gustoso connubio tra pescato locale e ortaggi, quello scambio proficuo tra due comunità, quella degli ortolani e quella dei pescatori.
Il brodetto alla vastese, “Lu vrudatte” come dicono a Vasto, si distingue per la semplicità degli ingredienti (pescato di stagione, pomodoro, peperone verde e olio evo), e nella sua preparazione non contempla soffritti.
Il pesce è cucinato intero (per ordine di durezza), nella tjella di coccio, e durante la cottura va scosso e non girato, per evitarne la rottura. Tra i pesci prediletti, in base alla stagione, vi sono triglie, testone, panocchie, razza, seppioline, merluzzo, sogliole, calamari, scorfano, cefalo, tracina, gallinella, cianghette, coda di rospo. Quanto al pomodoro, nel periodo estivo la scelta cade sul locale mezzotempo, mentre nelle restanti stagioni si ricorre ai “pezzetti”: la conserva di pomodoro a pezzi.
Il brodetto alla vastese nasce come piatto di bordo, ne abbiamo notizia già nell’800 e originariamente era “bianco”. Veniva cucinato sulle paranze con acqua di mare e prodotti di terra non deperibili in quanto la permanenza in mare poteva protrarsi anche qualche giorno. Le paranze uscivano a coppie e, legando le estremità della rete alle due barche, praticavano “lo strascico”. Terminata la giornata lavorativa e venduta la parte migliore del pescato, si consegnava ai marinai il pesce rimanente, quello “povero”, di piccola taglia.
Dal mare, salendo in città si attraversavano i campi - Vasto un tempo era conosciuta anche come “città degli orti - e lungo la strada i marinai scambiavano parte del pesce fresco con i pomodori e i peperoni degli ortolani.
Da questo felice e proficuo “scambio”, tra terra e mare, nasce uno dei piatti simbolo di Vasto.