di: Marco Signori

Non solo chiacchiere sulla cicerchia

L'agronomo Manilla ed il Sindaco Antonacci, testimonianze

Nella sua patria, cioè dove è sempre stata coltivata, nessuna azienda agricola coltiva più la cicerchia, anche perché Castelvecchio è ormai un paese di pochi abitanti". Comincia così l'incontro con il dott. Marco Manilla, agronomo, esperto  e cultore dell'antico rapporto tra l'uomo e l'agricoltura. 

 

 

 

VI RACCONTO LA CICERCHIA

Tra le motivazioni che hanno portato a un utilizzo limitato della cicerchia va menzionata innanzitutto l’impegnativa mole di lavoro, prevalentemente manuale, che se comparata con la poca produttività delle piante, aggravata dalle frequenti incursioni di animali selvatici quali i cinghiali, l’ha resa una coltivazione poco redditizia. Altro motivo che ha portato a una diminuzione della produzione è la presenza nei semi della neurotossina Odap; questo alcaloide, con il consumo prolungato e abbondante del legume, come avveniva in tempi di carestia, provoca il latirismo, una sindrome del sistema nervoso che porta convulsioni e paralisi. Grazie a studi scientifici si è scoperto che il rischio tossicità è molto basso, specialmente se, prima di essere consumato, il seme è sottoposto ad un prolungato ammollo in acqua e sale o a cottura.

"I produttori sono diminuiti, ci sono pochi giovani che si dedicano all’agricoltura e il calo di produzione è stato netto negli ultimi anni: basti pensare che fino a 10-15 anni fa c’erano tre produttori di cicerchie a Castelvecchio, mentre negli anni ‘50-’60 le coltivavano almeno sessanta famiglie” ci spiega Manilla.

Che tipo di legume è la cicerchia?

Da un punto di vista agronomico la cicerchia ha bisogno di bassi input energetici. Cresce bene anche in condizioni difficili, su terreni poveri e ricchi di sassi, resiste alle basse temperature e riesce a sopravvivere a estati secche. Non vuole troppa acqua, ad irrigarla sono sufficienti le piogge primaverili, che in montagna ci sono fino a maggio. Non vengono concimate quasi mai essendo piante che, come tutte le leguminose, fissano azoto dall’atmosfera, caratteristica questa che le rende anche una coltura perfetta per la rotazione dei terreni”.

Ideale, quindi, dal punto di vista della sostenibilità?

“Una coltura naturale, di elevata qualità organolettica e di specificità biochimica ed analitica, sostenibile anche dal punto di vista ambientale e che potrebbe trovare un grande spazio nella coltivazione per la sua facilità ad essere coltivata in biologico e integrare il reddito delle piccole aziende agricole di montagna, rispetto ad altre leguminose la cicerchia è stata sempre quella meno coltivata, anche se è sempre stata utilizzata per l’alimentazione sia di uomini che di animali”.

E come valori nutrizionali?

Parlando degli aspetti nutraceutici la cicerchia, come gli altri legumi, è importantissima per una dieta sana e naturale e le sue qualità nutrizionali sono simili a quelle del fagiolo, della lenticchia o del cece e in abbinamento alla pasta fornisce un completo corredo degli aminoacidi essenziali”conclude Manilla.

SAPORI E SAPERI CHE AGGREGANO

Fino a qualche anno fa, anche dopo una breve interruzione post sisma, nel borgo di Castelvecchio Calvisio, la comunità dedicava alla cicerchia una sagra gastronomica, una grande festa cui partecipava l’intera popolazione. Nella seconda domenica di agosto i suggestivi vicoli con archi e ripide scale esterne, addobbati con ginestre e conche in rame si riempiano di turisti pronti a degustare le antiche ricette a base di prodotti locali e, naturalmente, cucinata nei modi più vari, la cicerchia.

Abbiamo fatto più di quaranta sagre, bellissime, in mezzo ai vicoletti del nostro borgo - ricorda Luigina Antonacci, sindaco di Castelvecchio Calvisio -. La sagra della cicerchia è sempre stata un momento fortemente aggregativo e di condivisione, che mirava a riportare alla memoria sapori e gesti antichi e richiamava centinaia di persone. Purtroppo con il terremoto, lo spopolamento e l’invecchiamento delle persone che ci lavoravano è sempre più difficile organizzare eventi come questo. Ma non voglio arrendermi, è una tradizione che merita di avere continuità, nonostante le difficoltà”.

Per non far perdere le tradizioni, dare nuovi sviluppi a colture e prodotti tipici del territorio, riscoprire antiche usanze dimenticate e consegnarle alle nuove generazioni, è fondamentale che prodotti come la cicerchia vengano coltivati ancora. È altrettanto importante una collaborazione tra i comuni produttori, per creare una rete e riuscire finalmente a valorizzare questo prodotto come merita - conclude la Antonacci.

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