di: Carmelita Cianci

Altino, scrigno di biodiversità: tra antiche colture e Peperone dolce

Testimonianze di Tino Bellisario, Mario Nicola D’Alonzo e Annamaria D’Alonzo

Ecco il tesoro, qui c’è tutta la nostra biodiversità, questo è il fagiolo di 40 giorni di Pizzoferrato…questi sono altri semi recuperati dai contadini della zona. Dentro questo scrigno c’è tutto, c’è l’amore che ho per il mio territorio. La nostra eredità è rappresentata dagli ortolani, e in questi anni ho cercato di recuperare tutto quello che ho potuto, non ho voluto perdere niente, perché ognuno di questi semi narra una storia - .

Esordisce così Tino Bellisario, ex professore di educazione fisica appassionato di territorio e biodiversità.

LA BIODIVERSITÀ DI UN TERRITORIO

Tino Bellisario con il suo scrigno

Siamo in località Selva d’Altino, in una sorta di “isola” bagnata dalle acque dei fiumi Sangro e Aventino che confluiscono a ridosso della Riserva Naturale Oasi di Serranella.
Un contesto naturalmente vocato agli orti, una secolare e preziosa risorsa per questo territorio.

Tino negli ultimi vent’anni si è messo a recuperare i semi di colture antiche finite nel dimenticatoio, vuoi perché sostituite da varietà più resistenti e produttive, vuoi perché la campagna, negli ultimi 50 anni, è stata progressivamente abbandonata: un patrimonio di biodiversità che è andato perso. 

I semi li ha recuperati andando casa per casa, bussando alle porte di quei pochi contadini locali rimasti, ormai anziani, di Altino e dintorni, e negli anni ha creato una piccola rete di agricoltori e amici eletta al recupero - Ricordo una signora che custodiva gelosamente i suoi semi in un kit per la glicemia. I contadini sono gelosi perché hanno avuto tante fregature. Per recuperare alcuni semi mi sono dovuto “raccomandare”, è il caso della "scarola della selva", un'antica varietà di scarola molto saporita, particolarmente amara, dalle foglie lisce e lunghe, un ingrediente un tempo molto diffuso nella cucina locale, e che custodiva ancora una signora del posto. Il recupero del seme non è stato semplice, perché c’è un procedimento che segue le tecniche tradizionali e la sapienza contadina - .

Tra gli altri prodotti presenti in questo lembo di terra fertile c’erano la "cipolla limone", chiamata così per la sua forma allungata che ricorda un limone, una varietà molto aromatica e dolce, sopraffatta da altre tipologie perché il suo ciclo di vita è breve, in autunno comincia già a germogliare, quindi è difficile da commercializzare.

Il "fagiolo tondino bianco", simile a quello del Tavo ma di forma più ovale e con una certa consistenza - Ho recuperato il seme da un signore di Altino morto a 100 anni, lo coltivavano già i suoi bisnonni, ben 200 anni di storia - .

Tra i protagonisti dell’orto non mancava il pomodoro, conosciuto come “tradizionale”, a grappolo, tipologia scomparsa perché difficile da gestire, marciva facilmente. Nel tempo si è affermato la tramuncelle, un pomodoro molto saporito, simile al San Marzano, ma un po’ più basso e massiccio, utilizzato pere fare le "bottije" e le conserve.

Un altro pomodoro degno di menzione è quello delle Mandrelle o dell’Acquasanta, similie al pomodoro a pera di Francavilla, ma originario di Acquasanta Terme, Ascoli Piceno.

Racconta Tino - Un contadino delle Mandrelle, frazione di Altino, negli anni ’50 andava a fare le terme ad Acquasanta; un giorno si ritrova a raccontare alla fisioterapista le problematiche che ha con i suoi pomodori, “non fanno”. Così lei, che coltiva nel suo orto una tipologia molto aromatica che matura con poca acqua, gli fa dono dei semi di questo speciale pomodoro che il contadino riporta con se a Mandrelle, lo inizia a coltivare e questa varietà si diffonde anche da noi - .

La scintilla di Tino per il recupero delle colture antiche locali e per la biodiversità più in generale comincia con il peperone dolce d’Altino - Ai tempi ero vicesindaco - racconta - e con un artista di Roccascalegna, Sebastiano Antonio De Laurentiis, avevamo fatto un’associazione “arte e natura” dove si invitavano gli artisti ad Altino per fare delle opere in mezzo alla natura. De Laurentiis voleva fare la “casa del peperone”, era rimasto colpito dalla Contrada  Sant’Angelo, da quelle case letteralmente rivestite di peperoni appesi alle finestre e ai balconi. A Sant’Angelo ci sono le condizioni ideali per l’essiccazione del peperone, una buona esposizione e un clima asciutto favorito da un importante incrocio di venti - .

 

IL PEPERONE DOLCE DI ALTINO

Il Peperone dolce di Altino
Il Festival del Peperone dolce
Golosaria, Mario Nicola D’Alonzo al centro

La storia del peperone dolce di Altino comincerebbe in quella contrada, dove c’è la secolare tradizione di coltivare il peperone, essiccarlo al sole e ridurlo in polvere. Sembra che proprio la Contrada Sant’Angelo sia stata, tra il 600 e il 700, ripopolata da quelle popolazioni slave in fuga dai Balcani che conoscevano le tecniche di coltivazione, nonché di essiccazione e macinatura del peperone, tecniche probabilmente apprese dai turchi e dagli ungheresi, grandi consumatori di paprika. Furono proprio queste comunità a introdurre la consuetudine di produrre la polvere di peperone.

Continua Bellisario - De Laurentiis realizzò una casa in miniatura, rivestita di peperone rosso, alla quale si arrivava seguendo un percorso di peperoni che si snodava dalla piazza principale attraverso il paese. Ricordo che fu un successo, e lì furono gettate le basi per il progetto di un museo dedicato al peperone. Fu esattamente in quel periodo che mi appassionai a questo peperone chiamato localmente “a coccia capammonte” (con la testa all’insù), all’epoca era una coltura relegata a pochi orti domestici. Da lì la voglia di approfondire questo prodotto, parlare con i contadini del posto. Poi ci ho preso gusto, così ho iniziato ad interessarmi anche ad altre colture locali che rischiavano di scomparire o erano andate già perse e alla biodiversità più in generale, che per me non deve limitarsi a quella biologica, vegetale, agricola o del paesaggio. È un concetto che va esteso alla cultura, al dialetto, alle tradizioni popolari, bisogna difendersi dall’omologazione, dall’appiattimento. In natura siamo tutti “biodiversi”, c’è invece chi ci vuole rendere tutti uguali, e noi dobbiamo ribellarci come possiamo, io lo sto facendo con la ricerca dei semi, il recupero degli orti, della la nostra storia e della nostra cultura - .

Il peperone si è fatto conoscere al grande pubblico attraverso un Festival enogastronomico che si tiene ogni anno dal 2009 ed è organizzato dall’Associazione di tutela del peperone dolce di Altino - Oasi di Serranella, realtà nata per tutelare il prodotto attraverso un disciplinare e promuoverlo con manifestazioni, corsi di formazione e progetti di filiera.

Il Festival del peperone coinvolge l’intero paese con un palio, una vera e propria gara tra le 8 contrade locali che si sfidano a suon di piatti contraddistinti da un unico comune denominatore: l’ingrediente protagonista è il peperone dolce. Un’occasione per riscoprire vecchie ricette, ma anche crearne di nuove dando libero sfogo alla propria creatività.

Aggiunge Bellisario - Il Festival ha avuto sin dalla prima edizione un enorme successo perché attraverso il palio culinario ogni contrada doveva mettersi in gioco presentando un menu, confrontarsi, e questa sorta di competizione goliardica ha fatto venir fuori l’identità nascosta di ogni altinese. Con questa manifestazione abbiamo sensibilizzato e coinvolto tutta la comunità locale che ha iniziato a credere in questo prodotto, è tornata a coltivarlo e poi da lì con una serie di iniziative, e con il supporto del Gal Maiella Verde, si sono create tutte le condizioni ideali che hanno favorito la nascita di una micro economia locale - .

Il Peperone dolce di Altino nel 2015 diventa Presidio Slow Food e recentemente è stato iscritto nell’albo regionale dei prodotti della biodiversità, come spiega il Presidente dell’Associazione di tutela Mario Nicola D’Alonzo - Il Peperone dolce di Altino - Oasi di Serranella ha ottenuto questo importante riconoscimento grazie alla storicità del prodotto e all’appartenenza al territorio. La presenza del peperone è testimoniata da un atto notarile del 1752 - .

Il prossimo obiettivo dell’Associazione è il seme certificato: con il supporto del Gal Maiella Verde è stato avviato un percorso per la “ripulitura” del seme con il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) di Monsampolo del Tronto.
Il seme certificato significa tutelare ulteriormente il prodotto, e magari poter arrivare ad ottenere, un giorno, anche una IGP.

Spiega Annamaria D’Alonzo, produttrice del Peperone - I nostri nonni ci hanno insegnato a selezionare il fenotipo del peperone dolce di Altino. Testa rotonda e larga, punta arrotondata, lunghezza di circa 9/10 cm, con la forma che ricorda il “cappello del mago”. Loro non avevano bisogno di grossi studi scientifici per identificare il peperone, per anni e generazioni identificavano il più sano, il più bello che corrisponde a quello che oggi è il nostro fenotipo, e da lì lo raccoglievano, facevano delle “file”, lo facevano essiccare naturalmente, dopodiché recuperavano i semi che poi andavano in dimora nei semenzai, le nostre “rolle”; a febbraio seminavano, facevano le piantine e a maggio le andavano a trapiantare nel campo. Oggi viene fatta la stessa identica cosa, ma con un aspetto tecnico e scientifico: il seme lo stiamo selezionando facendo lo stesso lavoro dei nostri antenati, ma lo stiamo facendo in maniera scientifica attraverso istituti di ricerca come il CREA - .

Continua Mario Nicola D’Alonzo - E’ un lavoro fondamentale se vogliamo avere il controllo sulla filiera e su un prodotto che è spesso soggetto a concorrenza da parte di “similari” che si spacciano o sono scambiati per Peperone dolce di Altino. Purtroppo ci sono dei tempi tecnici da rispettare, la sperimentazione per ottenere la certificazione del seme è lunga tre anni. Una volta ottenuta, bisogna trovare il vivaio che moltiplichi il seme, così avremo delle piantine certificate, una necessità per tutelare i produttori del Peperone dolce di Altino Oasi di Serranella - .

 

[Crediti | Foto di Sangro Aventino Turismo, Carmelita Cianci, Associazione Peperone Dolce di Altino - Oasi di Serranella]