di: Marco Signori

Un salame differente

La storia della Mortadella di Campotosto

È sufficiente nominare Campotosto, centro abitato in provincia dell'Aquila tra i più alti dell’Appennino e all'interno del Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, per evocare immediatamente, nella mente di golosi e buongustai, le omonime mortadelle.Il nome mortadella è insolito se attribuito ad un salume, ma deriva dal mortaio con cui un tempo la carne veniva finemente sminuzzata.Conosciute anche come ‘CogIioni di Mulo’ per la loro forma ovoidale, data dalla fattura manuale, e per il loro essere legate a coppie da uno spago, le Mortadelle di  Campotosto sono un Presidio Slow Food dal 2002.

Sono solamente due le aziende che ancora producono questo salume con un metodo artigianale e con la macinatura a mano, e si trovano entrambe nel comune aquilano che vanta uno dei più grandi e importanti laghi artificiali d’Italia.

 

Venturina Ponzi, pioniera e custode

Tra queste c’è Nonna ‘Ina, una piccola azienda nata nel 2022 da un’idea di Goffredo Pandolfi e Ugo Paolini, per valorizzare un prodotto tipico di cui si trovano le prime tracce nel 1600.

L’azienda attualmente è gestita da Paolini, che ne ha preso le redini, portando avanti l’attività con passione e dedizione, e basandosi sul rispetto degli antichi insegnamenti appresi.

La mortadella è il simbolo di Campotosto ma anche un po’ il simbolo dell’Abruzzo", racconta, "quelle che noi produciamo sono fatte seguendo la ricetta originale e la preparazione tradizionale che abbiamo appreso dalla nonna di Goffredo, Venturina, detta Ina, che ha insegnato prima a lui e poi, di riflesso, a me, questo tipo di lavorazione”.

Il nome dell’azienda è un omaggio proprio a nonna ‘Ina, nomignolo di Venturina Ponzi, nata nel 1916 durante la prima guerra mondiale, che fu una delle prime donne a dedicarsi alla produzione della Mortadella di Campotosto, e che ha tramandato, prima a suo figlio, poi a suo nipote e quindi al socio di quest’ultimo, tutti gli insegnamenti, le ricette e i metodi di lavorazione del suino per la creazione del pregiato salume.Nelle preparazioni di prodotti tipici è sempre la natura a dettare i tempi. E per seguire fino in fondo le regole del passato è necessario anche rispettare la stagionalità per realizzare le mortadelle che, da sempre, sono protagoniste della colazione pasquale aquilana.

La Mortadella di Campotosto è storicamente un prodotto tipico della Pasqua: quando veniva ucciso il maiale, in genere a gennaio, ogni famiglia doveva far sì che durasse il più possibile – ricorda Ugo Paolini –. A quasi 1.500 metri di altitudine con le temperature rigide, molto più di adesso, in quindici giorni un salame comune era già pronto da consumare, considerando che non esisteva sottovuoto o altri metodi di conservazione”.

L’intuizione di mettere al centro della mortadella il lardello, consentiva al salame di essere pronto proprio per Pasqua. Oggi la produzione delle mortadelle inizia tra fine ottobre e metà novembre, ma dipende molto dal clima, e finisce tra la fine di febbraio e marzo. Naturalmente, anche in questo modo il salame è pronto per il periodo di Pasqua”, conclude l'artigiano del gusto che con la sua azienda vuole riscoprire le radici e l'essenza di un popolo attraverso due particolari ingredienti: il gusto della tradizione e l'amore per il territorio.

Le fasi di un procedimento antico

Ci vuole una grande manualità per creare questo piccolo tesoro della salumeria e Paolini lo realizza abilmente utilizzando carne di maiale macinata finissima che prende, con una filiera cortissima, da produttori del versante teramano del Gran Sasso.

Per realizzare le mortadelle, composte all’80% di carne magra e da un 20% di parte grassa, vengono utilizzate, come tiene a precisare il norcino, “le parti più nobili del maiale: la spalla e la pancetta. In mezzo ci sono soltanto sale, pepe e aromi naturali mescolati in un infuso fatto con del vino bianco. E naturalmente il lardello centrale, che conferisce al salume l’aspetto tipico e che crea all'interno del prodotto un’umidità tale da rallentarne l'essiccazione”. 

Il lardello centrale è una barretta bianca di lardo inserita dalle sapienti mani dell’artigiano al centro della massa di macinato; quest’ultima viene velocemente modellata nella forma ovoidale e ricoperta da un budello vaccino tagliato longitudinalmente. “Questa è la cosiddetta ‘vestitura’ – precisa Ugo –. Il budello naturale, di bovino, viene precedentemente aperto e con questo viene rivestita la mortadella in maniera che non si crei aria all’interno”.

Questo procedimento di vestizione fa sì che la Mortadella di Campotosto non sia considerata, da produttori ed estimatori, un insaccato ma un salame vero e proprio.

Oltre alla ricetta seguita con rigore e alla produzione manuale, ci sono anche altri fattori che influiscono sulla qualità del prodotto e che contribuiscono in modo determinante alla stagionatura: in primis il clima particolarmente freddo della zona, caratterizzata da catene montuose che si estendono tutt'intorno al paese, l’altitudine, i venti di tramontana che provengono da nord e non ultima la vicinanza del lago.

La stagionatura inizia subito dopo che le mortadelle sono state arrotolate nel budello, forato per non farle fermentare, legate a doppia briglia con uno spago e appese a coppie su pertiche di legno. La prima fase di asciugatura è detta ‘stufatura’: dura circa una settimana e viene fatta in una stanza con un camino alimentato con legno della zona, di quercia o faggio. In questo modo", rivela Ugo, "si toglie l’umidità dai salumi in maniera piuttosto veloce e i prodotti acquistano anche un sentore di fumo leggero, appena accennato, in quanto la mortadella non è un prodotto affumicato. Dopo questa fase le mortadelle vengono trasferite in una stanza più grande con una finestra aperta esposta a nord, che serve per regolare l’umidità. Le mortadelle rimangono qui finché l'essiccazione non è perfetta. Questo periodo varia in base alla temperatura e all'umidità, ma dura indicativamente dai due mesi e mezzo ai tre”.