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A poca distanza dal mare, sulle colline di Controguerra, l’azienda Montori è sinonimo di vini di eccellenza. Oggi portata avanti dalle figlie di Camillo, Beatrice e Laura, e dal genero Pierluigi Galiffa, in questa realtà vinicola si è sempre lavorato per qualificare la produzione. “Teniamo molto alle vigne e coltiviamo bene - rivendica il vignaiolo - perché per fare un buon vino rosso bisogna partire dalla terra, dai grappoli eccellenti e dall’uva matura perché il vino va manipolato il meno possibile in cantina”. Secondo Camillo Montori, il Montepulciano deve parlare del territorio e rendersi identificabile. “Il legno va usato con moderazione - spiega -. Per me l’affinamento può avvenire in botti da 20-30 ettolitri, ma non in barrique. Il legno modifica il vino, e invece non bisogna stravolgere un vitigno o renderlo uguale ad un altro. Io sto lavorando molto sul Montepulciano d’Abruzzo, per farlo diventare più affascinante. Ha una potenza impressionante. A volte troppo e manca di eleganza. Bisogna mettergli un po’ di fard e di rossetto”, ironizza.
Per un vino bianco invece il discorso è diverso. In questo caso, secondo il produttore, serve una cantina attrezzata. D’altro canto Montori di bianchi se ne intende. Oggi ottantatreenne, è stato uno dei primi a puntare molto sul Trebbiano d’Abruzzo. Il suo Fontecupa è un vino cercato e rinomato. “Ho lavorato molto sui bianchi e ho ottenuto ottimi risultati. Quando ero ragazzo andavo spesso in Friuli, dove c’è una grande tradizione nella produzione dei bianchi. Noi non potevamo competere con quel tipo di realtà. Oggi invece con il mio Trebbiano Fontecupa possiamo gareggiare. A Controguerra siamo vicini al mare, e con la cucina di mare si beveva moltissimo vino bianco, ma nessuno era abruzzese. Per me è stata una sfida fare un bianco da poter piazzare sul mercato”.
Foto di Azienda Montori