La riscoperta di questa varietà autoctona, che a causa dello spopolamento e dell’abbandono delle attività rurali stava perdendo di importanza, si deve alla comunità locale e all’associazione ‘La Monicella’, presieduta da Antonio Di Rocco. Nata nel 2006, l’associazione oltre al recupero delle cultivar, ha permesso la crescita delle aziende agricole della zona, creato un dialogo tra i protagonisti della filiera olivicola, favorito l’adeguamento delle strutture di trasformazione e lavorazione e introdotto tecniche agronomiche a minor impatto ambientale, permettendo una maggiore salvaguardia del territorio, delle risorse naturali e della biodiversità.
Nell’investimento per il rilancio della Monicella, e di tutta l’ulivicoltura della Valle Roveto, Di Rocco ha avuto il supporto degli agronomi Luciano Pollastri, Eugenia Cerasoli e Roberto Di Primio, e quello di quattro frantoi della Valle, tre che si trovano a San Vincenzo Valle Roveto e uno a Balsorano.
“Stiamo proseguendo quest'opera di valorizzazione della nostra varietà autoctona iniziata anni fa – racconta Di Rocco -. Il nostro impegno è costante, stiamo ottenendo risultati importanti, come la continuità del riconoscimento del presidio Slow Food negli oli extravergini. A breve, poi, la Monicella dovrebbe anche ricevere il riconoscimento del marchio Igp come cultivar autoctona della regione Abruzzo”.
“La nostra produzione, tra l’altro, è strettamente legata al territorio - specifica Di Rocco -, è un elemento basilare del patrimonio naturale della Valle Roveto, in quanto ne rafforza l’identità e la diversità. La monicella è una di quelle piante che fa parte del paesaggio tipico della zona, in particolare della bassa Valle Roveto. Sostengo da sempre la sua grande valenza ambientale, oltre a quella economica, perché ci caratterizza e identifica. Ho spinto molto i produttori a ricoltivare le piante secolari del nostro territorio, perché riprendendo queste coltivazioni ci sono numerosi vantaggi, innanzitutto il non abbandono della terra perché c'è un ritorno economico, ma soprattutto in questo modo si tengono a posto i terrazzamenti e la regimentazione idrogeologica delle acque, entrambe fondamentali per la stabilità del terreno”.
Le tecniche di coltivazione attuate dagli olivicoltori locali, fatte con metodi tradizionali, hanno un’elevata valenza ambientale: il terreno viene lavorato prevalentemente nel periodo estivo in modo da ridurre la competizione idrica con le erbe infestanti ed al tempo stesso limitare i rischi di incendi.
“Ho fatto di questa mia battaglia anche una questione politica - aggiunge Di Rocco, che nel 2006 è stato assessore all'Agricoltura nel Comune di San Vincenzo Valle Roveto -: per non fare migrare le persone è necessario valorizzare il prodotto del territorio e questo, sempre dietro un ristoro economico, è ciò che le spinge a rimanere. Quando si parla dello spopolamento delle zone interne, bisognerebbe pensare a valorizzare quello che si ha, guardandosi attorno e ripercorrendo all’indietro la propria storia, pensando però a fare le coltivazioni in chiave moderna”.
Sebbene i produttori siano sempre meno numerosi e, come spesso accade, i giovani poco interessati a queste attività, la varietà è coltivata con continuità e buoni risultati da piccole e medie aziende agricole locali, molte delle quali riunitesi nella cooperativa Comunità Agricola Valle Roveto.