di: Marco Signori

Esperienza del caciocavallo di Pescocostanzo

Nel borgo in provincia dell'Aquila, un formaggio profumato

Tra i numerosi prodotti che caratterizzano il ricco patrimonio di biodiversità agroalimentare dell’Abruzzo è d’obbligo citare il pregiato caciocavallo degli Altopiani Maggiori, un formaggio a pasta filata e semidura che si produce nei territori del Parco nazionale della Maiella e, in particolare, nei comuni di Pescocostanzo, Rivisondoli, Roccaraso, Rocca Pia, in provincia dell’Aquila, e Palena, in provincia di Chieti.

Il caciocavallo deve il suo nome all’unione di due termini latini ‘caseus’ e ‘caballo’, ovvero formaggio e cavallo, una denominazione che deriva dalla consuetudine di legare con un filo di rafia, a coppie, le forme fresche per poi appenderle per la stagionatura ‘a cavallo’ di una trave orizzontale.

Tipico di molte regioni dell’Italia meridionale, come testimonia uno scritto di Teodoro de Caprariis del 1912, è un formaggio di latte vaccino che ha tecniche di produzione abbastanza simili in tutte le zone, ma a fare la differenza, specialmente nel gusto, influiscono il clima, i pascoli e le mani dei casari.

Pescocostanzo è piccolo borgo rinascimentale barocco situato a 1400 metri di altitudine, ricco di arte, storia, cultura, circondato da un’incontaminata natura, con i suoi boschi e le sue faggete, e vanta una lunga tradizione casearia e di allevamenti bovini, le cui origini sono rintracciabili a partire dal XVI secolo.

Il caciocavallo di Pescocostanzo è rinomato per l’alta qualità della materia prima con cui viene prodotto: le mucche, prevalentemente di razza frisona, bruno alpina e pezzata rossa, sono allevate con metodi tradizionali e pascolano allo stato semibrado sugli altopiani della regione con il più grande patrimonio floristico d’Europa, restituendo all’uomo un latte delicato e molto profumato, che consente la realizzazione di formaggi prelibati che, attraverso la stagionatura, raggiungono gusti inimitabili.

 

 

Scopriamolo con Andrea Spica

Il caciocavallo di Pescocostanzo gode di numerosi premi e riconoscimenti, è nell’elenco dei Pat, prodotti agroalimentari tradizionali abruzzesi e, spiega Andrea Spica, allevatore e produttore di Pescocostanzo, “con alcuni produttori, e con il supporto degli enti del territorio, ci stiamo impegnando per  far sì che venga riconosciuto tra i presidi di Slow Food, poiché ha tutte le caratteristiche per poterlo diventare, permettendo così una maggiore valorizzazione e tutela di questo prodotto tipico”.

L’azienda di Spica è una delle più grandi della zona e, sebbene sia un’azienda artigianale, chiude tutte le fasi della filiera, dalla produzione alla trasformazione dei prodotti.

Provengo da una famiglia di allevatori, lo facciamo da sempre, da generazioni: mio nonno era un allevatore, mio padre ha continuato la strada di mio nonno e anche io ho proseguito la tradizione di famiglia - racconta il produttore -. Pescocostanzo conta ancora parecchi allevatori di bovini e non sono l'unico produttore che si occupa della trasformazione. La mia l'azienda è la più grande in paese: qui lavoriamo circa 60 quintali di latte a settimana e il 90% della produzione sono tutti formaggi a pasta filata, quindi scamorza, fior di latte, caciocavallo. Abbiamo un allevamento di sole mucche, la pezzata rossa, la bruna alpina e la pezzata nera, non abbiamo pecore, ma nel periodo invernale alleviamo maiali che poi trasformiamo in salumi. I nostri tori, per la maggior parte, sono da rimonta artificiale, differenziati per razza, e facciamo i tori da carne. I vitelli che nascono incrociati con i tori da carne vengono allevati in azienda, e poi vengono macellati e venduti da noi”.

Per garantire l’alta qualità del rinomato formaggio, l’alimentazione delle mucche ricopre un ruolo fondamentale ma è il clima dell’altopiano pescolano, che con i frequenti sbalzi di temperatura influisce maggiormente nella buona riuscita del prodotto.

Dietro il nostro caciocavallo ci sono le nostre mucche e il loro latte - sottolinea Spica -. L’alimentazione dei nostri animali è importantissima: il pascolo primaverile conferisce particolari profumi nel latte e di conseguenza nel formaggio. Poi varia da animale ad animale ed è differente se le mucche sono in lattazione o se non lo sono: per quelle in lattazione, per esempio, noi utilizziamo il carro miscelatore dove vengono mescolate erba medica e farina, mentre le vacche in asciutta mangiano fieno lungo. Ma è un’alimentazione rigorosamente tutta naturale”.

Noi ci mettiamo tutto l'impegno possibile tra alimentazione delle mucche e lavorazione, ma sono la natura e l’ambiente a fare la differenza. Nei nostri prodotti finiti, infatti, la grande parte del lavoro la fa il microclima: qui c’è una grande escursione termica e anche se il giorno si arriva attorno ai 20-23 gradi la notte è fredda. Non abbiamo bisogno di particolari celle di stagionatura per i formaggi e magari quel grado in più che c'è nelle nostre cantine, nel periodo estivo, rilascia altri sapori rispetto al formaggio che viene prodotto nel periodo invernale, anche se l’essenza del formaggio resta invariata”, prosegue l’imprenditore pescolano.

La lavorazione del caciocavallo avviene manualmente, richiede braccia forti e, nei piccoli caseifici aziendali o familiari, avviene in recipienti e mastelli in legno che, data la porosità del materiale, fungono da starter e trasferiscono al latte innesti naturali e specifici.

“Per una nostra comodità, nel nostro caseificio quella del caciocavallo è una lavorazione che lasciamo per ultima, dopo quella di mozzarelle e altri latticini, perché è una lavorazione che viene fatta tutta completamente a mano - spiega Spica -. La prima cotta di caciocavallo, riusciamo a modellarla con un certo vigore, ma dopo cinque o sei volte che lo impastiamo, non si ha la stessa forza. È un formaggio che noi produciamo tre volte la settimana, tutto l’anno, con latte appena munto, o che non supera mai le 48 ore dalla mungitura. Lavoriamo a latte crudo, non lo pastorizziamo, lo scaldiamo a una temperatura inferiore a 40°, e dopo la coagulazione lo impastiamo, lo modelliamo con acqua calda, mettiamo il cappio che gli dà la tipica forma e lo immergiamo nell'acqua fredda, così mantiene la forma che gli abbiamo dato. Poi il pomeriggio, quando il caciocavallo è abbastanza raffreddato, lo passiamo in salamoia dove rimane in genere 16-17 ore, a seconda del tipo di salamoia. Poi lo appendiamo per l’asciugatura e la stagionatura”.

I caciocavalli vengono messi ad asciugare per circa venti giorni a cavallo di pertiche, in un locale fresco e asciutto e trascorso questo periodo sono pronti alla stagionatura, che varia dai 3 ai 12 mesi ma arriva anche a 24 mesi.

Il nostro caciocavallo non viene messo in commercio prima di 60 giorni. La maggior parte della nostra produzione ha una stagionatura breve perché i locali che abbiamo attualmente per la trasformazione non consentono la conservazione per lunghe stagionature, anche se stiamo finalmente ampliando il capannone per diversificare maggiormente l’offerta, aggiungendo quelli più stagionati alle varietà che già produciamo: classico, senza lattosio, con il peperoncino piccante e quello con il tartufo”, conclude Spica.

La riconoscibile forma ‘a pera’ del caciocavallo si ottiene legando il formaggio con il filo di rafia o con lo spago; la testina creata dallo spago, che sovrasta la forma globosa, è diversa per ogni laboratorio artigianale. Il suo peso non è mai inferiore a 1 kg e ha un diametro variabile.

La superficie esterna, la buccia, è lucida, liscia e sottile, di colore giallo intenso mentre la pasta, compatta e morbida, dalla tipica struttura a foglie sottili e omogenee, esente da occhiature e leggermente elastica, può presentare svariate sfumature di colore.

Caratteristiche uniche

Le caratteristiche organolettiche di questo prodotto dipendono dal tipo di alimentazione delle vacche oltre che dalle tecniche di lavorazione e da altri eventuali ingredienti che possono essere aggiunti nell’impasto, come il tartufo o il peperoncino.

Gustoso e dal grande valore gastronomico e nutrizionale il caciocavallo di Pescocostanzo è un formaggio grasso che sviluppa i profumi e i sapori che lo caratterizzano dopo 60 giorni di stagionatura: un sapore dolce e pastoso quando è poco stagionato, gradevolmente piccante quando la stagionatura è più lunga.

Perfetto in tavola per essere mangiato da solo o in abbinamento a pane casereccio, verdure al forno o gratinate, e in cucina, aggiunto grattugiato anche per delle mantecature, insaporisce e completa ricette tradizionali, ed è ottimo anche cotto su una piastra ben calda su cui forma un’appetitosa crosticina.

È possibile accompagnarlo con del miele millefiori, composte e confetture di frutta, o con frutta fresca come i fichi. L’abbinamento con i vini varia in base alla stagionatura del caciocavallo: se breve è perfetto con vini rossi leggeri e fruttati, o da rosati, se molto lunga, con vini rossi e corposi, come il Montepulciano d’Abruzzo, il Cirò Rosso o l’Aglianico del Vulture.

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