di: Marco Signori

Da una spiga, pane e vita

Il pane di Prata d'Ansidonia

L’Abruzzo forte e gentile, almeno nelle aree interne ha, come tutte le regioni d’Italia, una lunga ed antica tradizione dell’arte bianca. Qui il pane è stato da sempre un’importante fonte di sostentamento specialmente per i contadini, per i quali era una risorsa imprescindibile nell’alimentazione. Ogni paesino aveva un forno, spesso comunitario, in cui le donne andavano a cuocere il pane preparato e ammassato in casa.

 

Paese che vai, forno che trovi

Il comprensorio dell’Aquila, in particolare, è ricco di forni che producono il celebre “pane casereccio aquilano”, riconosciuto come Pat (prodotto agroalimentare tradizionale), la cui produzione è regolata da un rigido disciplinare con precise condizioni e requisiti, necessari per garantirne l’alta qualità.

L’origine del pane casereccio aquilano è collegata alla vita nei campi dei contadini che, rimanendo più giorni fuori casa per lavorare le terre, necessitavano di un pane che conservasse a lungo la sua freschezza e fragranza.

Cotto rigorosamente in forno a legna, a temperature più basse rispetto ai forni industriali, il pane casereccio aquilano è, infatti, un pane che può essere consumato anche entro una settimana dalla cottura, specialmente se ben conservato. Un prodotto semplice ma ricco di fibre e preparato senza aggiunta di prodotti chimici o additivi, solo con lievito madre naturale, farine di tipo zero o doppio zero, farina integrale, sale alimentare e acqua.

Tra numerosi forni aquilani che quotidianamente sfornano pane, pizze e biscotti, c’è il forno di Prata d’Ansidonia. Nel piccolo borgo medievale da cui si scorgono Gran Sasso, Maiella e Sirente, poco distante da dove secoli fa sorgeva l’antica città vestina di Peltuinum, edificata al centro di un pianoro spettacolare, con l’acqua della montagna appenninica che sgorga ininterrottamente dalle fontane, generazioni di panettieri portano avanti il sapere delle massaie del luogo.

Chelli, panettiere di terza generazione

“Il Pane di Prata è un pane molto semplice che nasce dalle usanze secolari dei paesi dell’aquilano e del mio in particolare, Prata d’Ansidonia, appunto”, racconta Bruno Chelli, panettiere di terza generazione, affiancato nell’attività del forno da sua moglie e suo figlio.

Il nostro forno nasce negli anni ‘70 riprendendo una tradizione che si stava estinguendo: il pane casereccio che da sempre si usava nelle nostre campagne stava scomparendo, poiché all’epoca le famiglie benestanti consumavano solo pane bianco, ritenuto di qualità superiore e più raffinata”.

Un’arte tramandata dal suo bisnonno Sabatino, titolare del primo e unico forno comunitario di Prata, dove tutto il paese aveva la possibilità di cuocere il pane preparato in casa, e da cui Bruno ha appreso i primi rudimenti della panificazione, integrati poi con gli indispensabili consigli delle donne del borgo.

Mi piace sottolineare che il pane di Prata è donna, perché anticamente erano le donne che si sobbarcavano questa fatica: oltre al lavoro che avevano dovuto fare durante il giorno, la sera dovevano preparare il lievito e l’impasto per fare il pane”, ricorda Chelli.

Il prodotto maggiormente apprezzato del forno di Prata, è sicuramente il "Pane del contadino", una ricetta esclusiva della famiglia Chelli, il cui segreto è l’impasto realizzato con lievito madre impastato con tre farine: quella di farro, di Solina e integrale macinata a pietra.

Chelli è stato tra i primi a riscoprire il grano Solina, i cui semi sono stati ritrovati a Castelvecchio Subequo (L’Aquila) e grazie alla promozione di Slow Food, sull’Appennino aquilano ha cominciato a riprendere piede la semina dell’antica cultivar.

Con il tempo si è capito quanto fossero preziose le farine grezze e la scelta di portare avanti la tradizione contadina si è rivelata vincente e ha consentito al Pane di Prata di avere un larghissimo riscontro di acquirenti e di riconoscimenti”, racconta il fornaio.

Tra i riconoscimenti che il pane del contadino è riuscito ad ottenere ci sono i prestigiosi due pani della guida Pane e Panettieri d’Italia del Gambero Rosso. L’autorevole piattaforma, leader nel settore Wine Travel Food, definisce Chelli un “maestro panificatore” che ha fatto del “rendere moderno il pane della tradizione contadina la sua missione” e il suo pane contadino “un pane rustico ispirato dalla maestria delle contadine del posto”, tra “i fiori all'occhiello” del forno.

Il pane contadino “è un pane rustico, ricco di sostanza e di profumi esaltati dalla lievitazione naturale di farine grezze della montagna aquilana, macinate a pietra in uno storico mulino di zona. L’impasto con la lievitazione naturale di tre farine, crea una crosta consistente e croccante, e una mollica con una trama fitta e fondente. Il gusto è naturale, tendente al dolce”, si legge ancora sul sito del Gambero Rosso.

La presenza della farina di Solina, essendo poco glutinica, rende la consistenza del pane soffice e facilmente lavorabile a mano.

 “Il pane di una volta, lavorato come si lavorava una volta, è migliore degli altri pani, come i pani bianchi o quelli che contengono solo la parte centrale del chicco del grano. È migliore perché contiene la parte grezza, la fibra, la parte di crusca che, insieme alla parte centrale, cioè il fiore del chicco del grano, lo rende più digeribile”, specifica Chelli.

Istruzioni da disciplinare

Secondo il disciplinare di produzione, il vero pane casereccio aquilano deve avere una serie di caratteristiche quali una crosta con spessore di circa 3-4 mm e un colore marrone dorato, più o meno scuro, deve essere croccante e avere la fragranza tipica del cereale tostato. La mollica deve avere un’alveolatura piccola, omogenea e uniforme di colore bruno chiaro, dall’odore penetrante e appetitoso, dal sapore tipico e sapido e presentare uno specifico tasso di umidità.

L’immissione al consumo di questo pane deve avvenire in filoni di circa 1,5 chilogrammi di peso e non può essere confezionato sottovuoto, né in contenitori o involucri di plastica che ne potrebbero alterare il gusto.

La preparazione prevede che il lievito madre naturale, ottenuto dalla pasta lievitata utilizzata per la precedente produzione e contenente solo lieviti autoctoni dell’ambiente naturale, venga rinfrescato tutti i giorni. Prima di essere utilizzato l’impasto rimane a temperatura ambiente per circa 12 ore e successivamente si procede all’aggiunta delle farine, dell’acqua e del sale. Dopo una prima fase di lievitazione, che dura circa 1 ora e mezza, la pasta viene spezzata, tagliata manualmente, formata, spianata in filoni e posta a lievitare su assi di legno coperti da teli di stoffa per circa 30-40 minuti, previa valutazione del grado di elasticità. La cottura dei filoni precedentemente formati, infine, avviene in forni tradizionali, ad una temperatura di circa 220/250°C e, una volta sfornato, il pane viene fatto stabilizzare a temperatura ambiente. Ottimo per le bruschette è perfetto per accompagnare prosciutto crudo, salumi e formaggi del territorio abruzzese.

Quella che al giorno d’oggi è riconosciuta come metodologia di preparazione e di lievitazione naturale dell’impasto, requisito fondamentale per la prolungata conservazione della fragranza naturale del prodotto, è una caratteristica che in passato era un’esigenza primaria legata all’economia familiare: il pane, infatti, non poteva essere cotto con troppa frequenza, sia per evitare un dispendio eccessivo di legna, sia per evitare l’uso assiduo dei forni, gravati dal focatico, antica tassa sulla cottura del pane.

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