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San Zopito è il patrono di Loreto Aprutino, in provincia di Pescara. Ogni anno, nella domenica di Pentecoste e il lunedì successivo, quest'anno 28 e 29 maggio, si celebra il rito della processione con la statua del santo portata a spalla e l'inginocchiamento, dinanzi la Chiesa di San Pietro, da parte del bue agghindato e cavalcato da un bambino vestito di bianco.
CURIOSITÁ
Nel mese di agosto del 1709, si ritrovarono nel castello di Loreto Aprutino i rappresentanti della famiglia d’Afflitto, il reggente della Chiesa di San Pietro, Michelangelo Mallia con la delegazione di canonici ed il Sindaco Giuseppe dé Nobili. Ci voleva un nuovo Santo e bisognava farne il nuovo protettore del paese. Questo avrebbe permesso di dare, nella rinnovata devozione, una spinta alla fede cristiana, in quella fase che andava ad inaugurare una nuova delineazione di rapporti tra Stato e Chiesa. Fu così che, il comitato, al quale si era aggiunta anche una piccola rappresentanza di cittadini, decise di scrivere al vescovo Mons. Fabrizio Maffei affinché desse l’incarico per ricercare delle reliquie di Santo da poter custodire in loco e renderle oggetto di culto e venerazione. Nel 1711, Maffei, che aveva accolto la richiesta e completato tutte le procedure, inviò l’esperto di diritto canonico Gaetano de Mattheis presso le Catacombe romane di San Callisto, dove erano conservati i resti dei primi martiri cristiani. Qui si imbatté in una lapide che conteneva due scritte Zopitus e Vicenne, quest’ultima omonima di una contrada sita nel territorio di Loreto. Si ritiene che Zopitus stesse, in verità, per Sopitus, in Domino cioè assopito nel Signore. Perché i resti appartenevano, in realtà a tale Zòpyros, un ragazzo di origine greca venuto a mancare all’età di circa trent’anni. Le ossa ed il cuore custoditi nella cappella nella chiesa di San Pietro sono i suoi, i medesimi condotti in processione dal Duomo di Penne a Loreto, in quel 1711 quando il bue di un contadino, tale Parlione, si fermò e si inginocchiò. Da quel momento la storia si intreccerá alla leggenda come una fitta matassa, il bue bianco, diviene il transfert dell’elemento Divino che si manifesta nella terra, il miracolo. O, come scrive il giornalista James Spranger nel 1920, l’emblema dell’auspicio rivolto alla fertilità dato che del bue, che allora -e fino al 1948- che entrava all’interno della Chiesa, si valutava la quantità di sterco come presagio di una buona stagione per le rendite agricole.
[Crediti | Foto copertina di Lino Rosetti
[Crediti | Foto Gallery di Lorenzo Pellegrini